FOR46: una Nuova Terapia Sperimentale Mostra una Riduzione del Tumore nei Pazienti con Cancro alla Prostata Avanzato
Uno studio clinico di Fase 1 ha svelato risultati incoraggianti per FOR46 (FG-3246), un nuovo coniugato anticorpo-farmaco progettato per combattere il cancro alla prostata metastatico resistente alla castrazione (mCRPC). Pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, lo studio indica che FOR46 non solo dimostra un profilo di sicurezza gestibile, ma mostra anche un’attività clinica significativa nei pazienti che hanno esaurito le opzioni di trattamento convenzionali.
La terapia mira a CD46, una proteina che si trova a livelli elevati sulle cellule del cancro alla prostata che sono progredite nonostante le terapie ormonali standard. Il trattamento lega un potente carico chemioterapico a un anticorpo che si lega specificamente a CD46, con l’obiettivo di ridurre i danni alle cellule sane e di migliorare il targeting del tumore.
Lo studio ha arruolato 56 uomini con cancro alla prostata avanzato che avevano già ricevuto almeno un precedente inibitore della segnalazione androgenica. I ricercatori hanno testato dosi crescenti del farmaco, cercando la quantità più alta che i pazienti potessero tollerare in sicurezza. Gli effetti collaterali gravi più comuni includevano neutropenia (un calo dei globuli bianchi che combattono le infezioni), anemia e affaticamento. La dose raccomandata per studi futuri è stata determinata in 2,7 mg/kg in base al peso corporeo corretto.
Tra i 40 pazienti trattati a una dose pari o superiore a 1,2 mg/kg, i risultati sono stati incoraggianti. La sopravvivenza mediana libera da progressione radiografica, una misura di quanto tempo i pazienti hanno vissuto senza che la malattia peggiorasse, è stata di 8,7 mesi. In alcuni casi, il controllo della malattia è durato quasi tre anni.
Significativamente, il 36% dei pazienti ha sperimentato un calo di almeno il 50% dei livelli di PSA, un marcatore chiave dell’attività del cancro alla prostata. Il tasso di risposta oggettiva confermato è stato del 20%, il che significa che un paziente su cinque ha visto i propri tumori ridursi significativamente, parzialmente o completamente, come misurato da scansioni di imaging e criteri clinici.
Gli investigatori hanno anche osservato un aumento delle cellule T CD8+, i soldati antitumorali del sistema immunitario, suggerendo che la terapia potrebbe non solo attaccare direttamente i tumori ma anche stimolare una risposta immunitaria.
Questi risultati offrono un cauto ottimismo per gli uomini con poche opzioni di trattamento rimaste, poiché la terapia sembra essere sia biologicamente attiva che tollerabile. Saranno necessari studi più ampi per confermare se questi primi segnali si traducano in una sopravvivenza più lunga o in un beneficio più ampio in diversi gruppi di pazienti.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!