Lo studio LUNAR dimostra che la terapia combinata raddoppia la sopravvivenza libera da progressione nel carcinoma prostatico recidivante

Uno studio clinico randomizzato di fase 3, pubblicato di recente su Nature Medicine, ha valutato il beneficio clinico dell’aggiunta di niraparib, un inibitore di PARP, al trattamento standard con acetato di abiraterone e prednisone in uomini con diagnosi di carcinoma prostatico metastatico sensibile alla castrazione (mCSPC) portatori di specifiche mutazioni nei geni della riparazione per ricombinazione omologa (HRR).

Lo studio AMPLITUDE ha arruolato 696 pazienti identificati tramite profilazione genomica come portatori di alterazioni deleterie in determinati geni HRR. Il pannello genetico includeva BRCA1, BRCA2, BRIP1, PALB2, RAD51B, RAD54L, CDK12, CHEK2 e FANCA. È rilevante notare che ATM non faceva parte del pannello analizzato in questo studio. I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere la terapia standard di deprivazione androgenica combinata con niraparib più acetato di abiraterone e prednisone, oppure con acetato di abiraterone e prednisone da soli.

I risultati principali hanno dimostrato che l’aggiunta di niraparib ha migliorato significativamente la sopravvivenza libera da progressione radiografica (rPFS). Nei pazienti con mutazioni BRCA1 o BRCA2, la mediana di rPFS non è stata raggiunta al momento dell’analisi nel braccio di combinazione, rispetto a 26,0 mesi nel braccio di controllo. L’hazard ratio (HR) per progressione o morte in questo sottogruppo è stato pari a 0,52 (intervallo di confidenza [IC] al 95%: 0,37–0,72), corrispondente a una riduzione del rischio del 48%.

Estendendo l’analisi al sottogruppo HRR “effector” (includendo mutazioni in BRIP1, PALB2, RAD51B e RAD54L), la mediana di rPFS non è stata raggiunta nel gruppo in combinazione rispetto a 27,6 mesi nel gruppo di controllo, con HR di 0,57 (IC 95%: 0,42–0,77).

Nella popolazione complessiva secondo l’intention‑to‑treat, la mediana di rPFS non è stata raggiunta per la terapia combinata, rispetto a 29,5 mesi per il controllo, con HR di 0,63 (IC 95%: 0,49–0,80). Gli endpoint secondari, incluso il tempo alla progressione sintomatica, hanno favorito il braccio di combinazione.

I profili di sicurezza sono risultati coerenti con studi precedenti su niraparib e abiraterone, registrando tassi più elevati di eventi avversi di grado 3 o 4 nel gruppo combinato (75,2%) rispetto al controllo (58,9%). Questi erano principalmente di natura ematologica, come anemia e ipertensione, e hanno richiesto una gestione clinica appropriata.

Questi risultati definiscono un nuovo paradigma terapeutico che integra l’inibizione di PARP nelle fasi precoci della malattia per pazienti con mCSPC e alterazioni selezionate dei geni HRR, sottolineando il ruolo della medicina di precisione guidata dal profilo genomico tumorale.

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