Un altro trial supporta l’uso a basse dosi di abiraterone acetato nel tumore alla prostata metastatico resistente agli ormoni

Questo studio, pubblicato su JCO Global Oncology e incentrato sull’abiraterone acetato (AA), un farmaco utilizzato per trattare il carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione, suggerisce che una dose ridotta di AA sia efficace quanto la dose standard (abbiamo già parlato di un altro studio dello stesso tono a Singapore, ma in questo caso il campione è più ampio). Lo studio è stato condotto in Brasile.

Tipicamente, i pazienti assumono 1.000 milligrammi del farmaco a stomaco vuoto, un regime efficace ma costoso, soprattutto in Brasile, dove l’80% dei pazienti si affida a un sistema sanitario pubblico che non lo rimborsa.

I ricercatori hanno testato una dose di 250 milligrammi assunta con un pasto a basso contenuto di grassi, riducendo del 75% la quantità di farmaco necessaria. Il segreto sta nel cibo, che aumenta l’assorbimento del farmaco, permettendo a una dose inferiore di avere la stessa efficacia.

Nel corso di due anni, il team ha monitorato 96 pazienti, per lo più con redditi inferiori alla media brasiliana, che hanno ricevuto il trattamento a basse dosi insieme a una piccola dose di prednisone. I risultati sono stati notevoli: il 60,2% dei pazienti ha visto i propri livelli di antigene prostatico specifico (PSA) ridursi di almeno la metà dopo 12 settimane. Per quelli nelle fasi più precoci del trattamento, il tasso di risposta ha raggiunto il 68,3%. I pazienti hanno avuto una media di 7,9 mesi prima che la malattia progredisse, e la sopravvivenza globale è stata di 20,6 mesi. Coloro che hanno risposto bene al farmaco hanno vissuto quasi 29 mesi, contro poco più di 12 mesi per chi non ha risposto.

Questi numeri sono in linea con i principali trial internazionali sulla dose standard di 1.000 milligrammi, che hanno riportato tassi di risposta PSA dal 29,5% al 62% e tempi di sopravvivenza da 14,8 a 34,7 mesi. L’approccio a basse dosi si è anche dimostrato più tollerabile, senza effetti collaterali gravi riportati. Problemi comuni come ipertensione (22,2%), affaticamento (19,4%) e ipopotassiemia (13,9%) sono stati gestibili, e solo un paziente ha interrotto il trattamento a causa di un effetto collaterale.

La dose ridotta abbassa drasticamente i costi, rendendo possibile per gli ospedali pubblici offrire il farmaco. Assumerlo con un pasto semplice come riso e fagioli semplifica inoltre il processo, aiutando i pazienti a seguire il regime rispetto al digiuno richiesto per la dose standard. Lo studio non è privo di limiti. Condotto in un unico ospedale, necessita di ulteriori verifiche per confermare i risultati in contesti diversi. Inoltre, i ricercatori non hanno misurato i livelli del farmaco nel sangue, affidandosi a studi precedenti per supportare l’effetto del cibo. Trial più ampi sono già in corso e, se confermeranno questi risultati, l’abiraterone a basse dosi potrebbe presto diventare un’opzione standard a livello mondiale.

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