Ripensare il Trattamento per il mHSPC: Approfondimenti dal Dott. Karim Fizazi
Il Dott. Karim Fizazi, un rinomato oncologo ed esperto di cancro alla prostata presso il Gustave Roussy Cancer Center in Francia, sta sfidando gli approcci tradizionali al trattamento del cancro alla prostata metastatico ormono-sensibile (mHSPC). Le sue prospettive spingono il campo oltre la semplice classificazione delle metastasi per volume, sostenendo una visione più sfumata che considera la tempistica e la biologia della malattia.
Storicamente, il trattamento del mHSPC è stato guidato dallo studio CHAARTED, che classificava i pazienti in malattia a basso volume o ad alto volume in base al numero di metastasi ossee. Le decisioni terapeutiche erano in gran parte influenzate da questa classificazione, con la malattia a basso volume spesso trattata con ADT (terapia di deprivazione androgenica) e un inibitore della via del recettore degli androgeni (AR), mentre la malattia ad alto volume prevedeva tipicamente una terapia tripla (ADT, docetaxel e un inibitore di AR).
Il Dott. Fizazi sostiene che questo approccio semplifichi eccessivamente la complessità del mHSPC. Sottolinea invece l’importanza della tempistica della metastasi:
- La malattia recidivata/metacrona (metastasi che si verificano dopo il trattamento locale iniziale) indica generalmente una prognosi migliore, con pazienti che spesso vivono almeno otto anni dopo la diagnosi. Questi pazienti in genere non beneficiano della chemioterapia con docetaxel.
- La malattia de novo/sincrona (metastasi presenti al momento della diagnosi iniziale), d’altra parte, tende a essere più aggressiva. Anche i pazienti con malattia de novo a basso volume mostrano un beneficio significativo dal docetaxel, sottolineando la necessità di una terapia tripla in questi casi, specialmente nei pazienti più giovani e in forma.
Una recente meta-analisi conferma la visione del Dott. Fizazi: mentre il docetaxel non fornisce alcun beneficio in termini di sopravvivenza per la malattia a basso volume recidivata, migliora significativamente i risultati nella malattia de novo, indipendentemente dal volume metastatico. Questa scoperta sfida la nozione tradizionale di sospendere il docetaxel per i casi a basso volume, sostenendone l’uso in base alla tempistica della malattia piuttosto che al solo volume.
Anche la radioterapia svolge un ruolo sfumato. I risultati dello studio PEACE-1 suggeriscono che, sebbene la radioterapia al tumore primario non migliori la sopravvivenza globale (OS) nel mHSPC de novo, previene efficacemente i sintomi locali come sanguinamento, ostruzione e dolore. La radioterapia dovrebbe quindi essere considerata sia per la malattia de novo a basso che ad alto volume per migliorare la qualità della vita, specialmente se combinata con abiraterone, che potrebbe offrire un effetto sinergico.
Il Dott. Fizazi sottolinea l’importanza dei biomarcatori nel plasmare il futuro del trattamento del mHSPC. Biomarcatori come BRCA1, BRCA2 e PTEN potrebbero aiutare a perfezionare le strategie di trattamento, mentre l’imaging PET PSMA è promettente come strumento predittivo.
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