L’Inibizione del Recettore degli Androgeni Migliora la Risposta Immunitaria nel Cancro alla Prostata

Uno studio preclinico ha rivelato che i trattamenti standard per il cancro alla prostata potrebbero avere un beneficio inaspettato: rendere i tumori più visibili al sistema immunitario. La ricerca pubblicata su Cancer Discovery suggerisce che l’inibizione del recettore degli androgeni (AR), un motore chiave della crescita del cancro alla prostata, potrebbe migliorare la capacità del corpo di riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Questa scoperta potrebbe aprire la strada a nuove strategie di trattamento che combinano la terapia ormonale con l’immunoterapia.

Il cancro alla prostata viene tipicamente trattato con la terapia di deprivazione androgenica (ADT) e gli inibitori della segnalazione del recettore degli androgeni (ARSi), che limitano la capacità del cancro di utilizzare il testosterone per la crescita. Tuttavia, gli scienziati hanno ora scoperto un altro effetto dell’inibizione di AR: aumenta la presenza di molecole del Complesso Maggiore di Istocompatibilità di Classe I (MHC-I) sulle cellule tumorali. Queste molecole agiscono come una sorta di “bandiera” che consente alle cellule immunitarie, in particolare alle cellule T, di riconoscere e attaccare il tessuto canceroso. Quando l’espressione di MHC-I è bassa, i tumori rimangono nascosti al sistema immunitario. Ma quando l’AR viene bloccato, queste cellule tumorali diventano più facili da rilevare e distruggere per le cellule immunitarie.

Questa scoperta è significativa perché il cancro alla prostata è stato a lungo considerato un tumore “freddo”, uno che non provoca una forte risposta immunitaria. Le immunoterapie, come gli inibitori del checkpoint che aiutano le cellule T a combattere il cancro, hanno avuto un successo limitato nel cancro alla prostata rispetto ad altri tipi di neoplasie. Tuttavia, se l’inibizione di AR aumenta la presentazione dell’antigene attraverso l’MHC-I, potrebbe aiutare a trasformare un tumore freddo in uno “caldo”, rendendo l’immunoterapia molto più efficace.

Per i pazienti già sottoposti ad ADT e ARSi, questi risultati suggeriscono un potenziale vantaggio: il loro trattamento attuale potrebbe preparare le loro cellule tumorali a una migliore risposta immunitaria. Se ulteriori studi confermeranno questo effetto, potrebbe portare a un cambiamento nel modo in cui viene trattato il cancro alla prostata avanzato, con terapie combinate che integrano approcci sia ormonali che immunitari.

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